Il restauro dei libri: questione di punti di vista.
Premessa
Il libro è uno dei beni di tutta l’umanità. Nei secoli ha spesso rappresentato il migliore se non l’unico mezzo di diffusione del pensiero umano, fosse politico, economico, scientifico, sociale e culturale. E le tecniche di produzione furono sempre più innovative per soddisfare la crescente domanda di libri da parte del pubblico. Oggi si hanno edizioni tascabili, quelle economiche, in ragione di tutte le tasche. Ma la cultura del libro non esiste più, se non tra pochi eletti. E con essi la preoccupazione della sua sopravvivenza legata alla salvaguardia stessa del libro, che si esplica attraverso modalità differenti di conservazione e restauro.
Tecniche di restauro
Le tecniche di restauro sono di due differenti tipi: a seconda che il libro viene restaurato intieramente, cioè in tutti i suoi elementi che lo costituiscono, e si parla di restauro invasivo, o macrointervento; oppure si interviene solo su parte dei suoi elementi strutturali, e si parla di restauro non invasivo, o microintervento. In base al danno prodotto da insetti, roditori, microrganismi e fattori quali la luce, l’umidità, la temperatura, le strategie da adottare sono molteplici. Ecco alcuni esempi di microinterventi.
Esempio 1) Restauro di una carta lacerata e lacunosa in alcuni punti.
Nel caso di una carta lacerata e lacunosa si procede in questa maniera. Per suturare la lacerazione si cerca di avvicinare i due lembi della carta fino a che questi non combacino perfettamente e si tengono fermi con dei pesetti; successivamente si passerà della colla adesiva (Tylose) lungo la linea di lacerazione e si poserà su di essa una striscia di carta giapponese, che sarà di diversa grammatura a seconda dello spessore della carta originale, e che la lacerazione interessi o meno il testo. In questo caso si adopera una velina in maniera da non disturbare in seguito la lettura del testo.
Nel risarcimento della lacuna si procede come segue. Si cospargono di colla adesiva (Tylose) i bordi della lacuna, e successivamente si applicherà una sezione di carta giapponese, di grammatura adeguata allo spessore del foglio di carta originale; una volta asciugata la colla, si pulirà la lacuna della sezione di carta giapponese eccedente adoperando la lancetta o il bisturi.
Queste operazioni sono svolte nei casi in cui i fogli di carta siano stati già puliti, manualmente/meccanicamente attraverso spazzole oppure con lavaggi di acqua o alcool.
Esempio 2) Restauro della legatura.
Il restauro di una legatura è più complesso rispetto al restauro delle carte, in quanto gli elementi strutturali di una legatura sono diversi e diversa è la loro natura: abbiamo la pelle per la coperta, lo spago per i fili di cucitura, le fettuccie di cuoio o di pelle allumata per i nervi di cucitura e di aggancio alle assi (o piatti) di legno o più spesso di cartone.
Nel caso di restauro non invasivo della legatura ove l’intervento si limita al risarcimento di lacune e lacerazioni sul dorso del libro, si procede come segue. Aiutandosi con una piccola spatola si alzano i lembi lacerati del dorso in pelle, successivamente si inserisce, incollandola con colla di amido, una sezione di pelle molto morbida, elastica e sottilissima sul dorso del volume; quindi si applicherà sotto il dorso ed in corrispondenza delle lacerazioni e delle lacune, della carta giapponese di adeguato spessore che in seguito sarà colorata dello stesso colore della pergamena, quindi verrà incollato il dorso sopra la carta giapponese. Operazioni simili valgono per il restauro di una coperta in pelle.
La filosofia del restauro.
I casi su citati sono soltanto esempi di una realtà molto più vasta. Ma non sempre la realtà operativa si sposa con le metodologie di un restauro rigoroso delle stesse. Si può allora riconoscere una filosofia del restauro? A mio parere, gioca un ruolo fondamentale l’estetica di un restauro a discapito molte volte della funzionalità. Si dovrebbe sottolineare di più l’importanza della funzionalità, e quindi una maggiore fruibilità del bene, legato anche alla maggiore durabilità dello stesso nel tempo, rispetto all’estetica, cioè alla veste nuova in cui si rinnova il bene, con il rischio che essa non corrisponda alle sue caratteristiche originarie. Mi si obietterà che la nuova veste riflette proprio questo obiettivo, cioè la durabilità dei nuovi materiali che permettono così una fruizione del bene più duratura nel tempo. D’accordo, ma non sempre la nuova veste è conforme al bene in questione.
Il mio punto di vista è quello che vuole il restauro come sinonimo del ripristino delle caratteristiche funzionali originarie del volume, senza venire ad alterare le parti originali. Ad esempio, nel caso in cui vi è la possibilità di riutilizzare la coperta di una legatura, sebbene questa debba venire restaurata, sarei dell’opinione di riutilizzare la stessa, con l’accortezza di riproporre la veste originaria del volume, evidenziando magari le parti restaurate.
Conclusioni.
Purtroppo nel restauro librario non esiste una sola linea di guida o una filosofia. Tante sono le possibilità in cui ci si può imbattere nel corso di un restauro, e non sempre possono essere ricondotte ai casi contemplati nei manuali e quindi adottare le metodologie necessarie ivi esposte. Ma il bello del restauro è proprio il dialogo che scaturisce dallo stesso motivo per restauratori e bibliotecari: il bene del libro.